Nel 2001 i cosiddetti no-global - coloro che contestavano una globalizzazione che taceva sull’urgenza delle sfide ambientali, della necessità di un mondo più inclusivo, in cui prendersi cura delle persone e dell’intero ecosistema - si riunirono per far sapere ai rappresentanti dei più potenti Stati al mondo come la pensavano.
In quei giorni il processo politico che chiedeva cambiamenti rapidi che non fossero solo dettati da ragioni economiche si è arrestato: il dibattito e la spinta di tutta la società civile, dai giornalisti intenzionati a raccontare il cambiamento, ai militanti dei centri sociali, ai ricercatori universitari e a diverse anime del mondo cattolico, ha subito un arresto violento in una vera e propria atmosfera di sospensione della democrazia, con inauditi atti di violenza.
Venti anni dopo gli stessi temi tornano con un’urgenza impellente e, sebbene ci si possa chiedere cosa accomuni, per esempio, la disparità di genere con le sfide ambientali, esse hanno in fondo la stessa origine: l’adesione a un modello di sviluppo fallimentare, fatto di espressioni come competizione economica, sfruttamento delle risorse o famiglia naturale. Un modello oramai superato che fatica a lasciare il passo ai prossimi futuri.
Se, da questo punto di vista, è come se il tempo si fosse fermato al 2001, c’è qualcosa che nel frattempo non ha smesso di evolvere: la tecnologia, che oggi ci consente ciò che solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile. I suoi più grandi sviluppatori, però, non si sono quasi mai occupati di negoziare con le comunità di riferimento i valori in base ai quali viene realizzata, agevolati dal fatto che nessuno, in fondo, gliel’avesse mai chiesto. I risultati di questo scollamento tra partecipazione pubblica e sviluppo tecnologico antropocentrico sono di fronte agli occhi di tutti e finalmente se ne sta parlando a gran voce.
Per questo abbiamo deciso di concepire il festival di quest’anno, ispirati dal lavoro della main artist Giulia Tomasello, come un luogo di attivismo, inteso come partecipazione alla costruzione dei prossimi futuri possibili, sia nei contenuti - FEMMINISMI, CURA e BIODESIGN - che negli strumenti, ospitando progetti in cui la tecnologia sia aperta ed inclusiva.
Un festival che vede nel New European Bauhaus, movimento lanciato da Ursula Von der Leyen per costruire il New Green Deal Europeo nell’ottica della contaminazione tra i saperi umanistici e scientifici, l’orizzonte per ripensare il nostro ecosistema in maniera bella, sostenibile e inclusiva.
Il festival, quest’anno, è dedicato a tutti coloro che nel 2001 andarono al G8 di Genova.
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